OSCAR GRAZIOLI :

 

POVERA STELLA!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


curiosi? č un lori gracile

Al telefono la signora parlava con un accento emiliano molto pronunciato. Le vocali erano esageratamente aperte e la -- s -- era un vero e proprio soffione boracifero.
E' uno dei miei divertimenti preferiti. Spesso, quando mi trovo in un ristorante, specialmente in una grande città, mi sintonizzo sulla frequenza degli avventori, seduti al tavolo di fianco, e cerco di indovinare la loro zona di provenienza. Non è la prima volta che, roso dal dubbio, mi avvicino al tavolo e, con la classica scusa dell'accendino, chiedo con fare innocente : "Di dove siete ?". Quando capita, mia moglie, che è un po' timida, cerca affannosamente un tombino nel quale scomparire. Tutto perché una volta, all'interno di un bel ristorante, del buon ricordo, un tipo apparentemente di buone maniere mi ha risposto : "E a te, che te frega ?" Era di Latina. L'ho chiesto al cameriere mentre pagavo il conto.
"La signora, da dove chiama ?" la interrogai.
"Mo da Bologna, dottore" rispose.
"Ci avrei giurato. Ha un accento magnifico. Proprio da vera bolognese. Mi dica tutto. Che problemi ha con la sua scimmietta ?"
"Senta mo bene. La colpa è mia, solo mia, perché ho aperto la finestra della sala che stava venendo giù l'ira di Dio. Vento, acqua, grandine. Un lavoro da non credere. Sa, volevo chiudere gli scuri. Non mi sono mica accorta che mi era venuta dietro e stava lì, sul tavolino del telefono a prendersi tutto il freddo. Adesso ha la tosse e mangia poco, povera stella. Prima saltava che sembrava un grillo, adesso è tutta mocca, che sembra uno straccio da lavare per terra."
Nel primo pomeriggio avevo davanti ai miei occhi, sul tavolo da visita, la povera stella che, nel frattempo, aveva ripreso un po' di vigore e non pareva minimamente intenzionata a farsi visitare accuratamente. Era una piccola scimmietta sudamericana, un Saimiri detta anche testina di morto, per il particolare disegno del muso che, a prima vista, ricorda un teschio. Peraltro la descrizione è un po' ingenerosa perché si trattava di un vero e proprio gioiello miniato della natura. Alta poco più di un palmo, aveva una coda lunghissima, non prensile. Dalla bocca chiusa emetteva, come un abile ventriloquo, una sorta di squittio aspro e ripetuto, ad altissima frequenza.
In effetti la respirazione era accelerata e, ogni tanto, emetteva piccole bollicine trasparenti dalle narici. Quello che più mi preoccupava erano dei transitori momenti di sonnolenza che sembravano coglierla all'improvviso, magari dopo aver dimostrato la sua abilità di giocoliere, facendo ruotare velocemente una matita fra le mani.
"Sarà bene fare una radiografia del torace" dissi alla signora.
"Mo ben bene, dottore. Tutto quel che vuole. Mi dica, la posso aiutare in qualche modo ?"
Indossammo i camici piombati e, dopo venti minuti di battaglia, riuscii a scattare la radiografia di una scimmia che fugge. Naturalmente era impossibile pensare di maneggiare una scimmietta di tre etti scarsi con i guanti piombati, per cui lavorai a mani nude, assorbendo le dovute radiazioni. Appena riuscì a mettersi in piedi la povera stella fece due balzi e mi piantò una decina di dentini aguzzi nel pollice carnoso ( il sinistro per amor di precisione ). Poi si ritirò fra le braccia della mammina.
"Povera stella. Mo hai morsicato il dottore ? Mo povera stella, guarda come respira male"
"Vado a sviluppare" dissi alla signora minimizzando l'accaduto e afferrando, non visto, iodio, alcool, acqua ossigenata e mercurocromo. Andai a leccarmi le ferite in camera oscura. Dal momento che avevo già avuto a che fare, diverse volte, con le scimmie ero informato sulle numerose malattie che questi nostri cugini pelosi ci possono trasmettere. Tubercolosi, vaiolo, epatiti, rabbia, coriomeningite linfocitaria, morbillo ( già avuto, per fortuna ) e altre simili pinzillacchere, ma le più temibili erano le encefaliti virali che avevano già fatto diverse vittime fra i ricercatori e gli addetti agli stabulari dei primati, nei laboratori di ricerca.
A metà degli anni 60 fece molto scalpore la morte di sette persone che erano state a contatto con alcune scimmie provenienti dall' Uganda e dirette nei laboratori di una ditta farmaceutica tedesca. Venne isolato un virus che prese il nome dalla città, sede dei laboratori dove avvenne l'incidente : Marburgo.
Mentre tamponavo la ferita alternativamente con quattro tipi di disinfettanti diversi, pensavo che il virus di Marburgo era solo uno degli ultimi arrivati. Mi pareva di ricordare che altri virus, ancora più temibili, fossero responsabili di gravi malattie trasmesse dalle scimmie all'uomo ma, al momento, non ricordavo bene quali specie di primati erano coinvolti con precisione. Mentre la lastra si stava fissando sfregavo sempre più vigorosamente la ferita e premevo intorno al pollice, per fare uscire il sangue, che zampillava da sottilissimi fori. Spolverai abbondantemente il pollice con una polvere contenente una miscela di tre potenti antibiotici, misi un cerotto ed uscii dalla camera oscura.
Dal bordo del cappellino rosso, che la cliente bolognese teneva in mano, spuntavano due manine e due occhietti maligni che mi guardavano con un misto di preoccupazione e di carognesca soddisfazione.
"Signora," chiesi mentre guardavo la lastra al negativoscopio "dove ha acquistato questa scimmietta ?"
"Ah, caro il mio dottore," mi rispose abbassando la voce ad un bisbiglio "questo non potrei proprio dirlo, ma voi siete come i preti, bisogna confessarvi tutto, no ? Mio figlio l'ha portata a casa dal Brasile, nascosta dentro la tasca del giubbotto. Non l'ha vista nessuno."
Mi venne un colpo ! Non aveva fatto neanche la quarantena.
"Non sono un prete" sibilai a voce bassa "e da molto tempo non frequento l'ambiente, ma ricordo una chiesa dove servivo messa da ragazzino. Avevano dei ceri alti due metri. Mi sa che stasera, al vespro, ci sarà un credente in più sui banchi !"
"Cosa dice dottore ?"
"Niente, niente... Dicevo che la scimmietta ha un inizio di broncopolmonite. Per fortuna non ha perso molto la sua vivacità e mangia ancora qualcosa, per cui speriamo di salvarla. Sa, sono animali molto delicati."
"Mo povera stella !" fu il commento finale della signora bolognese.
Dopo una settimana la signora mi telefonò per informarmi che la scimmietta stava molto meglio, ma dava ancora qualche colpetto di tosse.
"Ci sarà da fare un'altra lastra, dottore ?" chiese.
"Per l'amor di Dio !" risposi terrorizzato "Non è neanche il caso di pensarci ! Sarebbe estremamente dannoso stressare ulteriormente quella povera stella !"
Nel frattempo mi ero completamente dimenticato del mio dito. Me lo ricordai dopo dieci giorni dall'incidente quando, dopo una notte insonne e agitata, mi alzai stanco e sudato. Feci fatica a trascinarmi in strada, dove il postino mi attendeva per consegnarmi un pacco proveniente dagli Stati Uniti. Si trattava della settima edizione del Kirk, famosissimo ed autorevole testo sulle malattie degli animali da compagnia.
Tornai a letto dopo aver messo un termometro sotto l'ascella. Quasi 40° . Mal di testa feroce, male alle ossa e nausea.
"Mi sarò beccato l'influenza" tentavo di autoconvincermi, mentre l'immagine della scimmietta che piantava i dentini nel pollicione si impadroniva della mia mente, come un polipo si avvinghia allo scoglio.
Nonostante gli antibiotici e gli antipiretici febbre e mal di testa non passavano. Si attenuavano giusto un'ora per poi riprendere come prima.
La mattina, dopo un'altra notte tempestosa, aprii il pacco di cartone contenente il volume americano e guardai svogliatamente i titoli. Nella sezione dedicata agli animali esotici c'era un capitolo intitolato "Virus diseases of primates : Their hazard to human health", ovvero :" Malattie da virus dei primati : rischi per la salute umana ." Cominciai a leggere, è il caso di dirlo, febbrilmente il paragrafo dedicato all'encefalite da Herpes B. Tempo di incubazione : dieci, venti giorni. Sintomi : febbre, mal di testa, nausea. Modalità di trasmissione all'uomo : morso di scimmia. Sintomi nella scimmia : raffreddore, congiuntivite, ulcere sulla lingua. Documentati ventiquattro casi nell'uomo. Morti : ventitré. Terapia : nessuna nota.
Sentivo la febbre che saliva ulteriormente e la gola sembrava il cratere di un vulcano dopo una violenta eruzione. Non c'era più neanche una stilla di saliva.
L'autore concludeva scrivendo che questa malattia colpiva soltanto le scimmie africane e NON QUELLE AMERICANE. Un po' di saliva tornava a bagnare la gola riarsa.
Il successivo scarno paragrafo si occupava del recente isolamento, nelle scimmie del genere Saimiri di un virus denominato Herpes T di cui, al momento, si sapeva ben poco. Sembrava meno pericoloso dell'Herpes B, ma poteva certamente causare gravi encefaliti nell'uomo, come dimostrava il recente caso di un ricercatore morsicato da una scimmia di quella specie. L'articolo finiva lì. Non era dato sapere se il ricercatore avesse continuato a ricercare, qui sulla terra o in cielo.
Mi attaccai al telefono. Cominciai ad interpellare la prima istituzione che, nella mia beata ingenuità, credevo mi potesse aiutare : mamma Università. Il professore con il quale riuscii a parlare sapeva tutto sul morbo di Aujesky dei maiali, sulla malattia vescicolare, l'afta, l'IBR dei bovini ecc. Per quanto concerne le scimmie aveva visto sì e no i programmi di Angelo Lombardi e Andalù e qualche nuovo documentario di Piero Angela. Telefonai all'Istituto Superiore di sanità a Roma, per sapere se esistesse, nel Bel Paese, un laboratorio in grado di effettuare analisi sui virus erpetici dei primati. Dopo aver parlato con una decina di funzionari e dopo non aver parlato con una decina di fuoristanza ebbi la certezza che se interpellavo direttamente una scimmia avrei ottenuto più congrue informazioni. Telefonai al Ministero dell'Agricoltura e Foreste dove, per fortuna, all'ottavo tentativo parlai con un impiegato che non sapeva neanche cosa fosse un virus e, men che meno un herpesvirus, però, visto che seguiva i problemi burocratici relativi all'importazione delle scimmie dall'estero, mi diede finalmente l'imbeccata giusta. Esisteva in Italia almeno un laboratorio che utilizzava scimmie per la produzione di vaccini e per la ricerca. Alla fine riuscii ad entrare in contatto con un collega che parlava la mia lingua.
"Ovvia, sta' tranquillo !" mi rassicurò con il suo puro accento toscano "La sarà una banale influenza. Per gli esami in Italia non c'è nulla da fare. A noi le scimmie arrivano dall'America già belle che testate per l'Herpes B, però ti posso dare il numero di fax della ditta dalla quale le importiamo."
Chiamai Loredana e le feci inviare negli Stati Uniti un fax urgentissimo in cui la parola più ricorrente era HELP, ovvero AIUTO.
Per fortuna mi rispose subito un collega indiano gentilissimo che lavorava in un centro di ricerca a San Antonio in Texas. Verso sera riuscii a mettermi in comunicazione telefonica, con l'aiuto di un amico che conosceva perfettamente l'inglese. Mi disse che era impossibile contrarre l'Herpes B da un Saimiri di cattura e che, se anche avessi contratto l'Herpes T, finora i pochi casi nell'uomo erano tutti finiti bene, nel senso che nessuno era morto.
“Don't worry, Oscar ( non preoccuparti, Oscar ), e soprattutto accertati se la scimmia ha morsicato qualcun altro, in famiglia. Se lo ha fatto, come è probabile per queste scimmiette, e non è successo niente, dormici sopra, altrimenti puoi sempre prendere un aereo e venirci a trovare. Saremo felici di conoscerti." concluse il collega indiano.
" Grazie... cioè, thank you..., ciao... grazie"
Composi il numero di Bologna. Erano le 23.
"Signora, buona sera. Sono il Dr. Grazioli. Mi scusi per l'orario ma ho appena finito di visitare una scimmietta e mi è venuta in mente la sua. Come sta ?"
"Mo benissimo, povera stella. E' guarita del tutto, grazie a lei. Ho fatto una gran fatica a darle lo sciroppo. Lo sputava mezzo. Adesso è tornata come prima"
"Signora..., una curiosità. Ha per caso mai morsicato qualcuno in casa, anche solo per gioco ?" il cuore batteva come un martello pneumatico.
"Mo certo, dottore. Delle volte è proprio una carognetta. Fa i dispetti come i bambini. E' ormai tre mesi che ce l'abbiamo e mio figlio ha le mani con tutti segni dei suoi dentini. Se vedesse poi le mie, dopo che gli ho dato lo sciroppo ! Mo però è tanto carina, povera stella !"
Dopo due giorni la febbre cominciò a scendere e il mal di testa a cedere. Il quinto giorno non avevo più nulla, se non i classici disturbi conseguenti ad uno stato febbrile prolungato.
Non so cosa sia stato e non lo voglio sapere. Probabilmente una semplice influenza, ma nessuno mi toglie dalla testa che, sotto sotto, ci sia stato lo zampino, anzi il dentino, di una piccola, povera stella.

tratto da: Quello che gli animali non dicono, Oscar Grazioli - 1998 - NUOVA EDIZIONE 2010 E' DISPONIBILE.

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